Perché le interviste
Ascoltare le storie degli altri, immaginare la propria
di Paola Parente
Nella storia umana troviamo sempre la capacità di raccontare e ascoltare storie per proseguire sulla strada della conoscenza, sviluppando linguaggi e cultura. Affrontare la propria 'evoluzione' e trovarsi davanti alle scelte significa innanzitutto capire in maniera autonoma quello che cerchiamo, e il punto di partenza è sempre ascoltare le storie, i racconti e le testimonianze. La narrazione ci permette, come in uno specchio, di ritrovare noi stessi nelle parole e nelle descrizioni espresse da altri, in una costante interazione. La storia personale che si costruisce a partire dalla storia familiare, scolastica e dell'ambiente in cui cresciamo si arricchisce grazie ad altre storie che aprono prospettive teoricamente infinite, dando vita a riflessioni che allargano di volta in volta il mondo conosciuto, offrendo spunti di riflessione molto importanti.
Ascoltare una storia significa, quindi, attivare tre dimensioni che ci permettono di orientarci:
- immedesimarci nella persona che parla, esattamente come lo facciamo per un protagonista di un film, di una serie TV o di un romanzo, per capire 'se' e 'quanto' siamo coinvolti da quel racconto. Il primo passo di un orientamento è capire noi stessi e le storie sono il nostro specchio, noi dobbiamo compiere lo sforzo di capire perché quel racconto ci ha colpito o che cosa di quel racconto ci ha colpito. Fuori da ogni dubbio se qualche cosa colpisce la nostra immaginazione vuol dire che ci appartiene e acquisiamo una prima importante consapevolezza: chi sono! cosa mi piace!
- definire quello che ci colpisce ovvero che cosa attira la nostra attenzione, suscitando le nostre emozioni e cercando il 'senso' per noi. Una volta che abbiamo capito che cosa ha suscitato il nostro interesse dobbiamo riascoltare l'intervista e/o ascoltarne altre per elaborare a poco a poco quale può essere l'area professionale e/o la figura di nostro interesse, definirne meglio i contorni, prendendo appunti e confrontandoli con altre fonti di informazioni;
- costruire le domande che ci permettono di continuare ad approfondire e specificare la nostra ricerca. Esattamente come il giornalista nelle interviste, bisogna capire quali siano le 'buone' domande per andare avanti nella nostra indagine, e delineare così il percorso che ci interessa intraprendere per raggiungere un personale obiettivo professionale. La scelta dell'università è già una scelta verso il mercato del lavoro. È importante che la scelta dell’università non sia vaga, ma finalizzata ad un obiettivo: ascoltare chi lavora ci fa capire che lo studio plana (inevitabilmente) in un ruolo lavorativo che ci vuole protagonisti come persone consapevoli del proprio percorso professionale; l'università è uno dei luoghi (ma non l’unico) in cui elaborare le nostre conoscenze e competenze;
Possiamo quindi sintetizzare che le interviste e le altre fonti di informazioni devono poter farci ricostruire un progetto professionale che si articola su tre aspetti fondamentali:
- come mi vedo e cosa desidero;
- come vedo il mondo (del lavoro);
- come concilio me stesso e le opportunità di questo mondo.
Questo percorso mi permette di essere visibile perché mi porta a comprendere chi sono e che cosa sto cercando, accrescendo inevitabilmente la mia capacità di ricerca mirata. Le interviste sono, in questo contesto, una valida fonte di informazioni che io imparo a gestire per raggiungere il mio obiettivo.
Il passaggio al mercato del lavoro è un percorso lungo, non esiste un unico punto di arrivo. Il punto di arrivo varia con la nostra crescita, i nostri interessi, le nostre consapevolezze, le informazioni che riusciamo ad elaborare e tanto altro, ma esiste un unico punto di partenza: quello siamo noi!
...la metafora narrativa suggerisce che le persone vivano le loro vite mediante le storie - che queste storie diano forma alla vita, ed abbiano effetti reali e non immaginari - e che siano queste storie a dare alla vita la sua struttura (Michael White).